L’attività del sogno è parte del pensiero umano pertanto ha sempre interessato l’uomo sin dai primordi della civiltà. Gli antichi, in particolare a partire dalla preistoria e poi successivamente la civiltà greca, seguivano il cosiddetto rituale dell’incubazione. Si tratta di una pratica di tipo magico-religioso durante la quale l’individuo era praticamente chiamato a dormire in una zona prescelta, e perciò ritenuta sacra, al fine di sperimentare il sogno, ossia un percorso mediante il quale si potevano ottenere rivelazioni sul futuro, oppure ricevere cure e benedizioni di vario tipo. Quindi, una vera e propria funzione profetica e risanatrice.
In epoca sumerica, il sognatore era colui che scendeva in un luogo sacro sotterraneo. Qui vi dormiva per un’intera notte. Il giorno seguente raccontava il suo sogno ad un sacerdote, e questi lo interpretava per rivelarne poi la profezia.
I Greci invece, si recavano in una grotta o in un bosco sacro, luogo dove vivevano un’esperienza estrema in isolamento sognando a lungo: una sorta di morte rituale seguita dalla sua rinascita. Al suo risveglio, l’individuo ‘sognatore’ veniva riportato all’esterno e sulla sedia del ricordo raccontava ciò che aveva vissuto attraverso il proprio sogno. Il tutto si concludeva con ulteriori rituali al fine di aiutare l’individuo ad apprezzare la realtà quindi, a percepirla con occhi diversi. Diversamente si spostavano presso il tempio di Apollo dio della medicina e non a caso degli oracoli. Presso il suddetto tempio, i sognatori ponevano sotto la propria testa le foglie di alloro, la pianta sacra al dio Apollo, che veniva successivamente bruciata. I sogni rientravano nell’ambito delle attività del tempio essendo vicini alla sfera religiosa in quanto capaci di risolvere le difficoltà e i malesseri di tipo psico-fisico. Essi in tal senso, essendo rappresentazione del dramma interiore o di quello vissuto nel sogno stesso, costituiscono un mezzo di trasformazione ed evoluzione che consente il rinnovamento personale, dunque il ricordo che diventa vero e proprio strumento terapeutico.
I sogni sono stati anche materia di alcuni scrittori antichi, quale Artemidoro di Daldi, il più famoso tra questi. Egli era uno scrittore e fisico greco che visse nel II a Daldi in Lidia e in età antoniniana, a Roma. Fu autore dell’opera Onirocritica, uno dei rari trattati greci pervenutoci riguardante l’interpretazione dei sogni, per la quale egli ritiene che sia un atto puramente conoscitivo a cui segue la fase dell’interpretazione, che non considera però come pratica magica, bensì fornisce una sistemazione scientifica dei sogni basandosi sugli episodi storici. In questa maniera distingue i sogni legati al passato e presente, dai sogni legati al futuro, cioè quelli che vengono poi interpretati come profetici. La linea di pensiero di Artemidoro è stato tramandata nel corso del tempo sino all’età modernacome possiamo vedere con Freud, che nel 1899 pubblicò il suo di trattato con lo stesso titolo dello scrittore greco precedente.
Il sogno è stato anche la tematica di alcuni testi, quali l’Eneide di Virgilio. Nel VI libro infatti, egli ci parla delle cosiddette Porte del Sonno, ossia le due uscite dall’Ade, una in avorio dalla quale i Mani, ovvero le anime dei defunti, concedevano l’invio ai mortali dei sogni veri, e l’altra di corno dalla quale uscivano i sogni falsi. Virgilio in effetti riprende la descrizione fatta da Omero nel XIX libro dell’Odissea: due vie di uscita per i sogni, una in avorio e l’altra di corno per distinguere i sogni privi di importanza da quelli veritieri. Inoltre, sempre Omero ci racconta nell’altra sua grande opera, quale l’Iliade, la vicenda mitologica che vide come protagonista Reso, alleato di Priamo nella guerra di Troia, il quale vide in sogno il suo nemico Diomede che entrando nella sua tenda, lo stava sgozzando. Nel poema omerico si fa riferimento anche al troiano Euridamante e Merope di Percote, due anziani interpreti dei sogni e padri di due figli guerrieri, destinati anch’essi ad essere vittime di Diomede. Omero narra che Merope cercò di convincere i propri figli (Adrasto e Anfio) a non partecipare al conflitto, avendo ravvisato segnali di morte. Purtoppo questi non lo ascoltarono. Invece, Euridamante sbagliò l’interpretazione dei sogni dei figli (Abante e Poliido), che a suo dire non sarebbero caduti in battaglia.
L’importanza attribuita ai sogni tende a scemare a Roma, dove si assiste ad un progressivo impoverimento della funzione oracolare dei sogni e della centralità ad essi riservata.
Eclatante risulta però il caso della visione di Costantino. Quando l’imperatore si recò a Roma con il suo esercito per combattere contro Massenzio, si rivolse in preghiera alla divinità e gli apparve in cielo la scritta affiancata da croci, “In hoc signo vinces”, cioè “con questo segno vincerai”. La notte seguente Cristo gli apparve in sogno e gli ordinò di usare come proprio vessillo il simbolo che aveva visto in cielo, ovvero il cosiddetto monogramma di Cristo “XP”, le prime due lettere greche della parola tradotta come “Christos”, sovrapposte. L’esercito di Costantino sotto queste insegne, vinse sull’avversario Massenzio, dunque un segno prodigioso che avrebbe preceduto la battaglia di Ponte Milvio.
[Questo articolo è disponibile anche in Euterpe – Bimensile di Letteratura (ISSN 2280-8108), I, 2011, p.71]
Alcune raffigurazioni pittoriche:
Opera dipinta da Giotto tra il 1295 e il 1299 circa, facente parte del ciclo di affreschi delle “Storie di San Francesco” della Basilica Superiore di Assisi.
Sulla destra del dipinto è raffigurato Innocenzo III con i suoi abiti canonici in un letto a baldacchino con le due guardie accanto.
La raffigurazione del sogno è nella parte sinistra dell’opera: San Francesco che regge la Basilica del Laterano, ossia quello che all’epoca costituiva il cuore della Chiesa.
Il santo si rpesenta per la prima volta nelle vesti da frate mentre sorregge la Chiesa, come fosse una sua colonna portante.
Affresco realizzato da Piero della Francesca tra il 1458 e il 1466 circa. Fa parte del ciclo di affreschi “Storie della Vera Croce” della cappella maggiore della basilica di San Francesco di Arezzo.
La raffigurazione è ambientata nell’accampamento romano alle prime luci dell’alba: la tenda di Costantino è aperta e mostra l’imperatore che dorme mentre una guardia, seduta e poggiata al letto, veglia su di lui così come era di norma, in modo da essere presente in caso di bisogno.
In alto, vi è l’angelo che appare in controluce e reca in mano una piccola croce, in una illuminazione suggestiva, vera protagonista dell’opera.
Olio su tela realizzato da Raffaello, databile tra il 1503-1504 circa. Oggi è conservato presso la National Gallery di Londra ma faceva parte di un dittico con le “Tre Grazie” nella Galleria Borghese. Infatti, si ipotizza che l’opera sia stata realizzata in occasione della nascita di Scipione di Tommaso Borghese.
La scena presenta i caratteri tipici dell’arte di Raffaello, ovvero equilibrio della composizione nelle linee e nei colori con le figure si presentano molto composte e atteggiate con grazia in una posa dolce e leggiadra come delle apparizioni in un’atmosfera magica, sospesa e onirica.
Una delle ultime opere dell’artista francese Henri Rousseau che eseguì nel 1910.
Il dipinto, un olio su tela, raffigura una donna bianca nuda, distesa su un divano rosso nel bel mezzo di una giungla (elemento sempre presente nei paesaggi dell’artista). La donna, amica polacca del pittore, è circondata da vari animali affascinati dalla melodia di un pifferaio, tranne il serpente, che si allontana verso l’angolo destro della tela. Il tutto è irreale perché frutto del sogno di questa donna, raffigurato in un’atmosfera fiabesca, misteriosa e surreale che vuole sottolineare l’incongruenza del sogno assieme ai colori sgargianti e alle forme dei cotorni ritagliati.
L’opera è oggi conservata presso il Museum of Modern Art di New York.
Opera surrealista dell’artista Salvador Dalì ispirata ad un sogno fatto dalla sua amata Gala, moglie nonché sua modella.
Il dipinto vuole rappresentare il risveglio violento della donna dai suoi sogni tranquilli, in una scena completamente surreale: la donna sembra dormire serenamete distesa e nuda mentre lievita su uno scoglio sospeso nel vuoto. che presenta una superficie liscia come se fosse emerso dalle acque del mare. Da una melagrana spaccata fuoriesce un pesce che rilutta una tigre che, a sua volta, ne rilutta un’altra, ed entrambe stanno per attaccare la donna. L’azione continua con un fucile a baionetta la cui punta tocca il braccio della donna.
Altri elmenti surreali sono l’ape che ronza intorno alla melagrana, un promontorio accennato sulla destra che affaccia sul mare e l’elefante sullo sfondo con le zampe di ragno, per il quale l’artista si ispirò ala Fontana in piazza Minerva a Roma creata dal Bernini.
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Letture consigliate:
P. Adorno, L’arte italiana, Firenze 1993
Aristotele, Il sonno e i sogni, L. Repici (a cura di), 2003
Artemidoro, Il libro dei sogni, D. Del Corno (a cura di), 1993
E. Bairati, A. Finocchi, Arte in Italia. Lineamenti di storia e materiali di studio, 2004
C. Bertelli, G. Briganti, A. Giuliano, Storia dell’Arte Italiana, 1990
Costantino I Imperatore, detto il Grande
Eneide VI, 893-98
F. Fiorista, Il sogno come luogo nell’arte, LABA
G. Guidorizzi, Il sogno nella Grecia antica, 1988
G. Guidorizzi, Il compagno dell’anima. I Greci e il sogno, 2013
Il sogno nella letteratura. Analisi personale
Odissea XIX, 562-67
C. Saporetti, Come sognavano gli antichi. Sogni della Mesopotamia e dei popoli vicini, 1996
A. Tarabochia Canavero, Un sogno e l’amore: nota su due piccoli dipinti giovanili di Raffaello, 2005
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